(Titolare i post con frasi di Florence sta diventando una specie di tradizione.)
Una volta una amica mi disse che la felicità è come un carro. Il momento in cui arriva dipende dalla grandezza del carro: più è grande, più ci mette tempo. A volte mi domando se se la sia inventata su due piedi questa cosa o se era invece una frase studiata. Effettivamente non so perché questa immagine mi è rimasta tanto vivida nella memoria, da resistere agli anni.
E' un periodo poco piacevole, sarei ipocrita a dirlo. Non so bene come e perché, non so cosa e da quando, ma nell'ultimo periodo ho un malessere dentro che non riesco a mettere a tacere. Non è una creatura nuova; vive in me da quattro anni circa in me. Ma ora cresce. Si nutre della paura di una tesi che non ingrana, di progetti che non sono belli come li decanto, di speranze lavorative che non sono altro che speranze, di soldi che mancano e di tante responsabilità che mi si sedimentano addosso. E questa creatura mi mangia. Mi mangia tra cose che non devo dire, altre che devo modificare, lettere che faccio finta di non leggere e segreti che nascondo tra fogli bianchi. Tutto questo per salvare il salvabile.
E tu mi sei vicino. Sarei ingrato se dicessi il contrario. Ma ora, quest'ultimo mese, che sta vedendo proprio un calo brusco di tutto, un complicarsi di tante cose e una specie di crollo anche del mio sistema nervoso, vorrei saperti capace di accogliermi. Ma non è così. Se rispondo male, me lo dici, inizi a parlarmi così per ripagarmi della stessa moneta. Vorrei solo mi capissi, sapessi darti un pizzico sulla pancia e andare avanti, ora che io sono davvero in un momento di disorientamento. Forse capirai, perché so che mi ami. Lo spero perché sento che mi sgretolo velocemente. Come una statua di sabbia sotto la pioggia.
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It's a conversation, I just can't have tonight.
martedì 1 maggio 2012 by Solodallamente
(Titolare i post con frasi di Florence sta diventando una specie di tradizione.)
Una volta una amica mi disse che la felicità è come un carro. Il momento in cui arriva dipende dalla grandezza del carro: più è grande, più ci mette tempo. A volte mi domando se se la sia inventata su due piedi questa cosa o se era invece una frase studiata. Effettivamente non so perché questa immagine mi è rimasta tanto vivida nella memoria, da resistere agli anni.
E' un periodo poco piacevole, sarei ipocrita a dirlo. Non so bene come e perché, non so cosa e da quando, ma nell'ultimo periodo ho un malessere dentro che non riesco a mettere a tacere. Non è una creatura nuova; vive in me da quattro anni circa in me. Ma ora cresce. Si nutre della paura di una tesi che non ingrana, di progetti che non sono belli come li decanto, di speranze lavorative che non sono altro che speranze, di soldi che mancano e di tante responsabilità che mi si sedimentano addosso. E questa creatura mi mangia. Mi mangia tra cose che non devo dire, altre che devo modificare, lettere che faccio finta di non leggere e segreti che nascondo tra fogli bianchi. Tutto questo per salvare il salvabile.
E tu mi sei vicino. Sarei ingrato se dicessi il contrario. Ma ora, quest'ultimo mese, che sta vedendo proprio un calo brusco di tutto, un complicarsi di tante cose e una specie di crollo anche del mio sistema nervoso, vorrei saperti capace di accogliermi. Ma non è così. Se rispondo male, me lo dici, inizi a parlarmi così per ripagarmi della stessa moneta. Vorrei solo mi capissi, sapessi darti un pizzico sulla pancia e andare avanti, ora che io sono davvero in un momento di disorientamento. Forse capirai, perché so che mi ami. Lo spero perché sento che mi sgretolo velocemente. Come una statua di sabbia sotto la pioggia.
Una volta una amica mi disse che la felicità è come un carro. Il momento in cui arriva dipende dalla grandezza del carro: più è grande, più ci mette tempo. A volte mi domando se se la sia inventata su due piedi questa cosa o se era invece una frase studiata. Effettivamente non so perché questa immagine mi è rimasta tanto vivida nella memoria, da resistere agli anni.
E' un periodo poco piacevole, sarei ipocrita a dirlo. Non so bene come e perché, non so cosa e da quando, ma nell'ultimo periodo ho un malessere dentro che non riesco a mettere a tacere. Non è una creatura nuova; vive in me da quattro anni circa in me. Ma ora cresce. Si nutre della paura di una tesi che non ingrana, di progetti che non sono belli come li decanto, di speranze lavorative che non sono altro che speranze, di soldi che mancano e di tante responsabilità che mi si sedimentano addosso. E questa creatura mi mangia. Mi mangia tra cose che non devo dire, altre che devo modificare, lettere che faccio finta di non leggere e segreti che nascondo tra fogli bianchi. Tutto questo per salvare il salvabile.
E tu mi sei vicino. Sarei ingrato se dicessi il contrario. Ma ora, quest'ultimo mese, che sta vedendo proprio un calo brusco di tutto, un complicarsi di tante cose e una specie di crollo anche del mio sistema nervoso, vorrei saperti capace di accogliermi. Ma non è così. Se rispondo male, me lo dici, inizi a parlarmi così per ripagarmi della stessa moneta. Vorrei solo mi capissi, sapessi darti un pizzico sulla pancia e andare avanti, ora che io sono davvero in un momento di disorientamento. Forse capirai, perché so che mi ami. Lo spero perché sento che mi sgretolo velocemente. Come una statua di sabbia sotto la pioggia.
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