From lashes to ashes.


Prendere una direzione nella propria vita è un impegno difficile. Capire dove si vuole andare, perché e in che modo può essere un interrogativo che toglie il sonno. Sapere con chi andarci è un interrogativo altrettanto challaging, ma a differenza del primo, prevede e necessariamente ci obbliga a non poter scegliere da soli. Siamo immersi in legami con altre persone e questi legami sono la risposta a questa domanda. Ora, se uno anche riesce a capire dove andare ma non sa con chi andarci, cosa dovrebbe fare? Quale è la soluzione per chi si sente un lonley walker nel cammino della sua vita?

Non è facile trovare causa ed effetto, colpevoli ed innocenti in queste situazioni. Talvolta è il caso: non hai mai incontrato nessuno che si leghi al tuo carattere. Alcune volte è il fatto di vivere ed abitare in posti tra loro lontani che ti impediscono di coltivare rapporti come vorresti. Altre volte arrivi troppo tardi in un contresto, in un groviglio già formato di amici e per quanto tu voglia inserirti quelle cose che sono sedimentate al centro vincono anche solo per l'essere legami antichi; noi esseri umani abbiamo questa passione per le cose che durano da tempo, non possiamo negarlo.

La mia strada al Consolato finisce in pochi giorni e un vuoto grande mi sta già inseguendo, con le fauci spalancate pronto a portarmi con sé. Io cammino dritto, cercando di fingere di avere qualcosa davanti a me pre cui valga la pena continuare a camminare. Eppure una delle cose che più mi ha portato a riflettere è stata la partenza dei miei colleghi intern americani. Per questi tre mesi quasi, abbiamo condiviso tante cose, siamo usciti sempre insieme. Il fatto è che sono uscito prevalentemente con loro: non avevo alternative di solito. E ora che sono partiti, mi guardo intorno e mi domando perché ancora una volta sono qui a fissare muri vuoti e sedie scompagnate.

G. ha tirato fuori un concetto che mi ha fatto riflettere più di quanto lui stesso potrà mai sapere. "Io e te ci sentiamo su facebook tutta la settimana, mentre il fine settimana io mi vedo con i miei amici perché loro sono la mia abitudine, è scontato che esca con loro".
Abitudine è una parola che a me piace. E' una parola che ha lo stesso significato sempre, ma che cambia accezione nella nostra testa e nella nostra vita a seconda di ciò che sentiamo. E' un po' una cartina tornasole della nostra felicità. Quando siamo allegri, abitudine è una specie di conforto piacevole, di conferma. Al contrario, quando ci sentiamo intrappolati dalla nostra stesa esistenza, abitudine diventa una ferita aperta impiastricciata di sale.
Non far parte di nessuna abitudine è la condizione che penso di vivere. Non sono l'amico di lugna data di nessuno, non ho condiviso memorie da bambini, vacanze estive o ginocchia sbucciate con nessuno. Il mio passato è affidato alla mia memoria, non alla memoria collettiva di un gruppo di amici.

Capiamoci, non dico che non ho amici. Ho alcuni amici a cui voglio molto molto bene come F., L. e anche G. e R., il problema è che alcuni di loro sono lontani. Lontani territorialmente o lontani emotivamente. Essere amici ha tante sfumature, ma credo che ognuno nella vita abbia quell'amico che ti capisce anche solo con uno sguardo, che sai già come prendere e come reagirà. L'amico che quando sei per strada e gli mandi una foto di un capotto color ottamio capirà a cosa fai allusione. Ebbene, ho buoni amici, ma non ho quell'amico. Lo cerco, l'ho cercato. Non so se lo cercherò. Quel tipo di amico fa parte delle abitudini. Si costruisce così. Io forse smetterò di bruciare così tanto dentro quando smetterò di cercare questa persona, questo amico. Forse non lo troverò mai e imparerò ad essere la mia unica abitudine e a vivere così, un fiocco di neve separato dalla bufera.

Ieri mi è stato detto "No, ma lui è come te. E' un po' pesante, fa discorsi così". Appunto.

1 volte dentro te.:

Nebulosamente ha detto...

Sono io L vero? vero che sono io? vero? Eh?

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From lashes to ashes.

giovedì 20 dicembre 2012


Prendere una direzione nella propria vita è un impegno difficile. Capire dove si vuole andare, perché e in che modo può essere un interrogativo che toglie il sonno. Sapere con chi andarci è un interrogativo altrettanto challaging, ma a differenza del primo, prevede e necessariamente ci obbliga a non poter scegliere da soli. Siamo immersi in legami con altre persone e questi legami sono la risposta a questa domanda. Ora, se uno anche riesce a capire dove andare ma non sa con chi andarci, cosa dovrebbe fare? Quale è la soluzione per chi si sente un lonley walker nel cammino della sua vita?

Non è facile trovare causa ed effetto, colpevoli ed innocenti in queste situazioni. Talvolta è il caso: non hai mai incontrato nessuno che si leghi al tuo carattere. Alcune volte è il fatto di vivere ed abitare in posti tra loro lontani che ti impediscono di coltivare rapporti come vorresti. Altre volte arrivi troppo tardi in un contresto, in un groviglio già formato di amici e per quanto tu voglia inserirti quelle cose che sono sedimentate al centro vincono anche solo per l'essere legami antichi; noi esseri umani abbiamo questa passione per le cose che durano da tempo, non possiamo negarlo.

La mia strada al Consolato finisce in pochi giorni e un vuoto grande mi sta già inseguendo, con le fauci spalancate pronto a portarmi con sé. Io cammino dritto, cercando di fingere di avere qualcosa davanti a me pre cui valga la pena continuare a camminare. Eppure una delle cose che più mi ha portato a riflettere è stata la partenza dei miei colleghi intern americani. Per questi tre mesi quasi, abbiamo condiviso tante cose, siamo usciti sempre insieme. Il fatto è che sono uscito prevalentemente con loro: non avevo alternative di solito. E ora che sono partiti, mi guardo intorno e mi domando perché ancora una volta sono qui a fissare muri vuoti e sedie scompagnate.

G. ha tirato fuori un concetto che mi ha fatto riflettere più di quanto lui stesso potrà mai sapere. "Io e te ci sentiamo su facebook tutta la settimana, mentre il fine settimana io mi vedo con i miei amici perché loro sono la mia abitudine, è scontato che esca con loro".
Abitudine è una parola che a me piace. E' una parola che ha lo stesso significato sempre, ma che cambia accezione nella nostra testa e nella nostra vita a seconda di ciò che sentiamo. E' un po' una cartina tornasole della nostra felicità. Quando siamo allegri, abitudine è una specie di conforto piacevole, di conferma. Al contrario, quando ci sentiamo intrappolati dalla nostra stesa esistenza, abitudine diventa una ferita aperta impiastricciata di sale.
Non far parte di nessuna abitudine è la condizione che penso di vivere. Non sono l'amico di lugna data di nessuno, non ho condiviso memorie da bambini, vacanze estive o ginocchia sbucciate con nessuno. Il mio passato è affidato alla mia memoria, non alla memoria collettiva di un gruppo di amici.

Capiamoci, non dico che non ho amici. Ho alcuni amici a cui voglio molto molto bene come F., L. e anche G. e R., il problema è che alcuni di loro sono lontani. Lontani territorialmente o lontani emotivamente. Essere amici ha tante sfumature, ma credo che ognuno nella vita abbia quell'amico che ti capisce anche solo con uno sguardo, che sai già come prendere e come reagirà. L'amico che quando sei per strada e gli mandi una foto di un capotto color ottamio capirà a cosa fai allusione. Ebbene, ho buoni amici, ma non ho quell'amico. Lo cerco, l'ho cercato. Non so se lo cercherò. Quel tipo di amico fa parte delle abitudini. Si costruisce così. Io forse smetterò di bruciare così tanto dentro quando smetterò di cercare questa persona, questo amico. Forse non lo troverò mai e imparerò ad essere la mia unica abitudine e a vivere così, un fiocco di neve separato dalla bufera.

Ieri mi è stato detto "No, ma lui è come te. E' un po' pesante, fa discorsi così". Appunto.

1 commenti:

Nebulosamente ha detto...

Sono io L vero? vero che sono io? vero? Eh?

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