Come what may.


La devo proprio smettere di usare titoli di canzoni che coverizzano in Glee come titolo del post. Ma forse non la smetterò mai, perché dovrei? Magari anche il pagerank mi premierà, magari fottesega.

Ora sento "We've got tonight", ho un'oretta da ammazzare prima di prendere un pullman, tornare a casa e rovistare nella mia vita. C'è una casa da rimettere a posto, frigorifero da rimpolpare, freezer da sbrinare. Mentre la pioggia dovrebbe finire, tutto deve tornare a splendere, fiorire e germogliare anche nella mia casa.
Torni per un mese, poi rivai. Ti ho detto una mezza bugia, ma forse è una bugia che farà bene ad entrambi, sai? Non ne sono certo, può darsi che vittima del mio distorto codice etico e morale poi ti dia un'altra versione.
In questi mesi mi son chiesto se tu mi sia mancata o meno. Effettivamente mi sei mancata meno di quanto pensassi: non ti ho voluto pensare. Un po' forse ero geloso. Un po' mi son goduto la solitudine pacifica, ho fatto qualche piano, ho messo qualche pietra al proprio posto. Anche con me stesso.

Ho sempre paura quando torni. Paura di me, paura di te e di lui. Vorrei che le cose girassero bene, che questo mesetto che tu sarai con noi tu possa stare serena, tranquilla. Vorrei pochi litigi, pochi pensieri e poche discussioni. Sarà così? Il problema è che non so come fare, ma forse è giusto così. Forse non dovrei essere io a pensare alle vostre decisioni, dovrei lasciare voi a scegliere per voi e non darvi un aiuto. Dovrei far seccare il cordone ombelicale tra noi tre e che oramai cresce al contrario, con me che nutro voi e non viceversa. Questo timore di non potervi sapere felici e autonomi, senza me, è ciò che mi atterra. Eppure questi mesi tu sei stata bene: si è forse aperta una fase di serenità per te che io speravo da tanto e che potrebbe portare nuovi equilibri. Rimane lui.

La sua voce stanca mi accusa quando anche mi dice che mi vuole bene. Non lo fa, son io che lo sento, lo so. Lo vedo stanco, tanto stanco. Lo sento solo e invece di abbracciarlo, spesso gli do addosso. Perché, discorso già fatto, tutto questo è colpa sua: ha fatto i suoi errori, ha scelto senza criterio. Ha agito sconsideratamente, meritandosi tutto questo. Ma se razionalmente io lo so, emotivamente mi dispiace e allo stesso tempo mi fa rabbia. Vorrei che si lasciasse guidare e vorrei avere una soluzione anche per lui.

La rabbia è un po' la mia quintessenza. Oramai mi rendo conto che ne ho lasciata così tanto dentro di me, che mi scorre nel sangue come un siero caldo e denso. Quando prende il sopravvento mi riempe il cuore di nero, mi distrugge e combatte con me stesso. Forse imparerò a controllarla, forse meno. La prima cosa da fare, lei dice, è trovare il mio posto nella mia vita. Al momento non mi ha detto come fare, ma sono speranzoso.

Intanto la mia vita procede tra alti e bassi: c'è sempre una mail per l'America da spedire, mezza città col mio numero di telefono vicino alle scuole e tanto vuoto nel mio cuore. Mi accontentò di riempire il mio conto in banca, ora come ora. Una buona e consistente parte del mio essere solo viene anche dalla mia ansia, dalla mia paura di stabilirmi (nonostante il desiderio e la tensione continua verso questo).

Ho fiducia? Sì. Spero, forse a torto.
Come what may, anche in questo caso.

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Come what may.

venerdì 8 marzo 2013


La devo proprio smettere di usare titoli di canzoni che coverizzano in Glee come titolo del post. Ma forse non la smetterò mai, perché dovrei? Magari anche il pagerank mi premierà, magari fottesega.

Ora sento "We've got tonight", ho un'oretta da ammazzare prima di prendere un pullman, tornare a casa e rovistare nella mia vita. C'è una casa da rimettere a posto, frigorifero da rimpolpare, freezer da sbrinare. Mentre la pioggia dovrebbe finire, tutto deve tornare a splendere, fiorire e germogliare anche nella mia casa.
Torni per un mese, poi rivai. Ti ho detto una mezza bugia, ma forse è una bugia che farà bene ad entrambi, sai? Non ne sono certo, può darsi che vittima del mio distorto codice etico e morale poi ti dia un'altra versione.
In questi mesi mi son chiesto se tu mi sia mancata o meno. Effettivamente mi sei mancata meno di quanto pensassi: non ti ho voluto pensare. Un po' forse ero geloso. Un po' mi son goduto la solitudine pacifica, ho fatto qualche piano, ho messo qualche pietra al proprio posto. Anche con me stesso.

Ho sempre paura quando torni. Paura di me, paura di te e di lui. Vorrei che le cose girassero bene, che questo mesetto che tu sarai con noi tu possa stare serena, tranquilla. Vorrei pochi litigi, pochi pensieri e poche discussioni. Sarà così? Il problema è che non so come fare, ma forse è giusto così. Forse non dovrei essere io a pensare alle vostre decisioni, dovrei lasciare voi a scegliere per voi e non darvi un aiuto. Dovrei far seccare il cordone ombelicale tra noi tre e che oramai cresce al contrario, con me che nutro voi e non viceversa. Questo timore di non potervi sapere felici e autonomi, senza me, è ciò che mi atterra. Eppure questi mesi tu sei stata bene: si è forse aperta una fase di serenità per te che io speravo da tanto e che potrebbe portare nuovi equilibri. Rimane lui.

La sua voce stanca mi accusa quando anche mi dice che mi vuole bene. Non lo fa, son io che lo sento, lo so. Lo vedo stanco, tanto stanco. Lo sento solo e invece di abbracciarlo, spesso gli do addosso. Perché, discorso già fatto, tutto questo è colpa sua: ha fatto i suoi errori, ha scelto senza criterio. Ha agito sconsideratamente, meritandosi tutto questo. Ma se razionalmente io lo so, emotivamente mi dispiace e allo stesso tempo mi fa rabbia. Vorrei che si lasciasse guidare e vorrei avere una soluzione anche per lui.

La rabbia è un po' la mia quintessenza. Oramai mi rendo conto che ne ho lasciata così tanto dentro di me, che mi scorre nel sangue come un siero caldo e denso. Quando prende il sopravvento mi riempe il cuore di nero, mi distrugge e combatte con me stesso. Forse imparerò a controllarla, forse meno. La prima cosa da fare, lei dice, è trovare il mio posto nella mia vita. Al momento non mi ha detto come fare, ma sono speranzoso.

Intanto la mia vita procede tra alti e bassi: c'è sempre una mail per l'America da spedire, mezza città col mio numero di telefono vicino alle scuole e tanto vuoto nel mio cuore. Mi accontentò di riempire il mio conto in banca, ora come ora. Una buona e consistente parte del mio essere solo viene anche dalla mia ansia, dalla mia paura di stabilirmi (nonostante il desiderio e la tensione continua verso questo).

Ho fiducia? Sì. Spero, forse a torto.
Come what may, anche in questo caso.

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